Ebbene si sono un nerd.
Un vero nerd. Di quella generazione che ha avuto la fortuna di nascere con un computer 8bit a fianco del lettone della propria cameretta. Di quei nerd che hanno visto da lontano arrivare il web come un treno ad alta velocità. Sempre stato fiero di quella definizione che era in quegli anni sbeffeggiata e rimproverata di non vivere la vita, di non fare sport e di essere totalmente goffa e imbarazzante con le ragazze. Stereotipi di quegli anni tutti racchiusi in un bellissimo film, almeno lo fu allora per me, intitolato la Rivincita dei Nerd con Robert Carradine che in qualche modo ci ridava vigore e considerazione. Eravamo l’underground di quegli anni novanta, pronti al passaggio dall’analogico al digitale che già a metà degli anni 80 arrivava nella vita di tanti. Oggi sicuramente rinvigoriti nell’immaginario collettivo da definizioni più moderne come geek e supportati da serie televisive come “The Big Bang theory” oppure Mr.Robot. Ricordandoci che Musk, Gates e Bezos sono tra i nerd più famosi della storia. Jobs non si riteneva tale o forse lo aveva deciso lui di non considerarsi tale a differenza del suo socio Wozniak. Qualcuno scrisse in tempi non sospetti “I nerd alla conquista del mondo” ed oggi la nostra storia prosegue, quel mondo che avevamo buttato giù a suon di byte, modem e dischetti oggi sta esplorando frontiere incredibili che mi fanno orgoglioso come il Metaverso e gli NFT.
Avevo anche iniziato a scrivere un libro, poi interrotto come mi capita spesso. Le idee arrivano e volano via velocemente e quella di un libro non riesco ancora a concretizzarla. Eppure anche in questo caso ho già tutto pronto, dall’idea di base, ai personaggi, la storia centrale ed ovviamente il finale. Si, il finale. Le mie idee legate alla scrittura partono sempre con una idea di base ed un nome per poi finire subito al gran finale.
Ora che si parla di Metaverso e di molti temi che ripropongono almeno per i nostalgici come me quella cultura cyberpunk ed underground di Gibson e Sterling, ho pensato di lasciare un’impronta del mio piccolo mondo nel mio modestissimo blog a memoria per la grandissima rete. Sotto trovate la sinossi, il primo capitolo ed il finale di una storia vera anche se un pò romanzata di quello che avrei voluto scrivere ma non è detto che un giorno non ci riprovi.
Il finale racconta quello che provai quel giorno quando insieme a molti dei compagni del movimento che avevamo creato dieci anni prima decidemmo di andare al cinema a vedere MATRIX. A differenza di oggi i film al cinema erano trainati da un forte passaparola analogico ma in rete, nei forum e nelle stanze di Mirc si trovavano alcuni commenti e tutto quello che si raccontava intorno al film faceva premessa ad una storia che avrebbe per sempre lasciato un segno, almeno nella nostra comunità di nerd e tecno umani digitalizzati per passione. Volevamo abbandonarci ai ricordi e così successe: “Sullo schermo la scritta FINE. E avevamo finito anche noi! stava iniziando una nuova epoca e l’informatica sarebbe uscita dal suo quartiere ghettizzato. Stava per scoppiare la bolla delle dot-com e noi eravamo dentro armati di nuovi sogni che però con quelli di noi ragazzini non avevano più nulla a che fare. Sentivamo dentro di noi nuove verità e vedevamo tutto correre più veloce di quanto fossimo in grado di percepire. Eravamo già vecchi. Avevamo 25 anni e stava iniziando una nuova storia da scrivere.”. E così sia.
SINOSSI
Due ragazzini da un incontro casuale danno vita ad uno dei gruppi di Cracker ed Hacker italiani più conosciuti in USA tra gli anni ’89 e ’93. Ci chiamavamo DEAD MEMORY ed eravamo specializzati in Shareware e Videogiochi. Eravamo nati a bordo dell’AMIGA e dell’ATARI e l’arrivo dei primi Personal Computer compatibili ci aveva trasportato in un mondo nuovo fatto di banche dati, BBS, protezioni e sistemi di sicurezza sempre più sofisticati. Leggevamo Zzap!, The Games Machine e K!. Spulciavamo Wired nelle librerie. Ognuno di noi aveva un destino diverso, lontano, che stava scrivendo piano piano.
L’INCONTRO
In tasca neppure un soldo.
A pensarci bene proprio non ne avevo e non mi interessavano. Mi bastava altro per scaldare il motore che alimentava i miei sogni. Ed era bellissimo farlo ad occhi aperti.
“La prossima fermata è Gallarate…” – ricontrollai il bigliettino. Mi aveva detto che sarebbe arrivato da Somma Lombardo in bicicletta. Non ci conoscevamo ancora ma un compagno di scuola mi aveva proposto di incontrarlo. Cercava del software. Avevamo 15 anni. Studiavamo, ma non troppo. Eravamo già stretti intorno ai tasti dei nostri home computer. Leggevamo solo riviste di videogiochi, italiane oppure di importazione tipo K, The Games Machine ed ogni tanto sfogliamo Zzap! gli 8 bit. Esisteva già Wired, era pura fantascienza per noi.
Scesi dal treno. Percorsi la galleria e sbucai in strada. Tutti i giorni facevo lo stesso tragitto e per questo decidemmo al telefono di darci appuntamento alla stazione di Gallarate, di fronte al Bar dove acquistavamo i biglietti dell’autobus.
Era una bellissima giornata con un cielo turchese pulito e fresco. La stazione era abitata da tutti i più disadattati personaggi di Gallarate, poi spacciatori e studenti in attesa di spostarsi. Di fronte c’era un piazzale adibito a parcheggio e poco più in la, al termine della galleria c’era il Bar. Percorsi il parcheggio e mi fermai in fondo alla galleria guardando l’orologio. Erano quasi le quattro del pomeriggio, l’orario dell’appuntamento. Ne facevo tanti e questo era uno di quelli. Scambiavo software, lo vendevo o addirittura mi facevo consegnare copie originali da craccare o duplicare con i sistemi che mio padre mi aveva costruito con i kit di Elettronica Pratica. Questo appuntamento era come tutti gli altri, non sapevo allora che sarebbe stato l’inizio di tante nuove avventure.
Non avevo molte indicazioni sul suo aspetto. Basso e moro. Mi aveva detto che sarebbe arrivato con una bici da corsa in pantaloncini. La maglietta sarebbe stata blu. E guardando bene in fondo alla strada lo vidi arrivare. “Ciao” – lui mi ricambiò il saluto scendendo dalla bici. Mentre “ho qui tutto, sono arrivato qualche minuto fa anche io in treno da Busto” lui legava la bici al palo. “Preferisco muovermi in bici al pomeriggio, i treni da Somma Lombardo sono lenti e ne passano pochi” – “mi hai portato tutto?”. “No. Purtroppo dovrai darmi ancora una settimana per Autocad 3 mentre ti ho trovato Orcad con tutte le librerie che mi hai chiesto. Insieme a Lotus 123 e a Visicalc.”. “Wow. Ottimo. Per Autocad posso aspettare ma Orcad e Lotus mi servono anche a scuola. ” – sorrideva mentre parlava, sapevo di averlo fatto felice. Gli passai il pacchetto mentre prendemmo al bar una coca cola ghiacciata. “Cosa studi a Gallarate?”. “Ragioneria informatica, e tu? sei in classe con Domenico?”. “Si, sono all’ITIS, biennio. Il prossimo anno faccio Telecomunicazioni.”.
Natalino mi sembrava strano. Un po’ tanto riservato. Parlava poco. Sembrava però saperla lunga. Smanettava e si capiva da cosa ti raccontava e di come maneggiava i dischetti.
FINE
Passavano sullo schermo del cinema ormai solo i titoli di coda. Le colonne di bytes animati su e giù, alternati che ricordavano i monitor a fosfori verdi, le cercavamo ancora guardandoci intorno. Gli occhi erano ancora aperti e sognavamo. “Dai andiamo” ripeteva da qualche minuto Ricky – “dai, è finito… voglio fumarmi una sigaretta!”. Non lo ascoltavamo. Io e Dave speravamo succedesse ancora qualcosa. Ma erano passati tanti anni. Il gruppo non esisteva più e le ceneri le avevamo sparse con noi stessi in giro per le tante strade che ci stavano dividendo a allontanando. Eppure alla fine una scritta finale comparve – MATRIX – e ci svegliò. “Dave andiamo… cerchiamo anche noi il coniglietto bianco… beviamoci sopra una birra!”. Dave sembrava ipnotizzato. Sapevo a cosa stava pensando, erano gli stessi pensieri che mi avevano incollato gli occhi al passato mentre guardando NEO mi chiedevo perchè non eravamo mai andati oltre, non avevamo cercato altro che la fama tra qualche centinaio di ragazzi nerds sparsi per il mondo informatizzato. “Cazzo Luca… bello. Mi ha messo tristezza…”. Nessuno di noi stava pensando al significato del film, al mondo reale dietro al nostro, alle macchine che soppianteranno l’uomo o ad altre cagate simili. Tutti stavamo salutando, ciascuno a modo suo, quel passato che ci aveva tenuti uniti davanti ai nostri schermi, con i modem accesi e centinaia di righe di codice come stellette militari da mostrare.
Avevamo finito! stava iniziando una nuova epoca e l’informatica sarebbe uscita dal suo quartiere ghettizzato. Stava per scoppiare la bolla delle dot-com e noi eravamo dentro armati di nuovi sogni che però con quelli di noi ragazzini non avevano più nulla a che fare.
Sentivamo dentro di noi nuove verità e vedevamo tutto correre più veloce di quanto fossimo in grado di percepire. Eravamo già vecchi. Avevamo 25 anni e stava iniziando una nuova storia da scrivere.